In linea generale, l’ordinamento prevede che il curatore fallimentare possa proporre azione revocatoria (ex art. 166 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza) su atti dispositivi posti in essere nei sei mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento, qualora il pagamento abbia pregiudicato la par condicio creditorum e il destinatario fosse a conoscenza dello stato d’insolvenza.
Nel caso di pagamenti F24 effettuati da un retista con crediti propri, a favore di obbligazioni tributarie di un altro retista, il rischio di revocabilità si riduce sensibilmente qualora:
• vi sia una regolamentazione contrattuale e documentale chiara tra i soggetti coinvolti;
• i crediti siano certificati, tracciabili e validamente detenuti dal soggetto che esegue la compensazione;
• non vi sia liberazione automatica del debitore originario;
• l’operazione sia coerente con la struttura di gestione condivisa validata dall’Agenzia delle Entrate tramite interpello favorevole.
Pertanto, pur rimanendo astrattamente possibile in caso di situazioni patologiche, la revocabilità risulta altamente improbabile se il meccanismo è attuato secondo le regole previste dal contratto di Rete GIOVE e conformemente alle indicazioni normative.